Alfredo D’Andrade
Una simpatia immediata, il riconoscimento di una missione comune. È così che Francesco reagisce all’opera di Alfredo D’Andrade quando la incontra nel suo lavoro in Sovrintendenza.
« Aveva fatto, nella seconda metà dell’Ottocento, dell’archeologia la sua missione e del Piemonte la sua vera patria ».
Francesco Corni, Autobiografia in corso di pubblicazione
Come non intuire un’intima affinità con questo fuori sede portoghese che fa del corno del Nord Ovest italiano – delle sue pietre antiche – la propria terra d’elezione?
Comune il tratto grafico, comune il linguaggio, comune l’interesse di fondo: farsi intendere da più persone possibile, tradurre il rigore e l’esattezza filologica in immagini chiare per tutti.
« Il disegno era per lui strumento vocazionale, nella ricerca, nel restauro e nella didattica ».
Francesco Corni, Autobiografia in corso di pubblicazione
Strumento di quale vocazione? Come già per Eugène Viollet-le-Duc, da entrambi ammirato, D’Andrade capisce che per salvaguardare le vestigia del passato, occorre ampliare il numero di coloro che le sentono come proprie: far rivivere negli occhi e nella mente della gente quel che troppo spesso appare morto e destinato al capriccio di pochi appassionati.
« Conservare è ora per lui un compito istituzionale, avendo assunto la carica di Sovrintendente ai monumenti di Piemonte e Liguria, ma D’Andrade non si limita a questo. Egli comprende come sia necessario ampliare l’area degli interessati alla cultura, come base sociale e sostegno ad una politica di salvaguardia ».
Il Castello di Fenis in Valle d’Aosta, Inkline edizioni, 2016
Rigore e divulgazione, filologia ricostruttiva e riuso creativo: già allora, più di oggi, le due linee paiono rette parallele, e facile da attaccare chi tenta di farle incontrare.
« La divulgazione lo interessava talmente da realizzare, in occasione dell’Esposizione internazionale di Torino del 1884, un intero castello e un borgo medievale al Valentino, sulle rive del Po. Operazione molto criticata, oggi come allora, dai bacchettoni della cultura, che è servita però a far convergere l’attenzione del grande pubblico sull’architettura feudale della regione, e sugli originali in particolare, allora ad un passo dalla rovina ».
Francesco Corni, Autobiografia in corso di pubblicazione
A questo fuoco, a questa amicizia tra il bello e il popolare, si ispira l’opera di D’Andrade. E a questa amicizia si deve l’amicizia che Corni matura per lui e per il suo lavoro.
Un’amicizia che diventa debito nel tratto più che nel singolo disegno, nel taglio dello sguardo, nell’intima convinzione che la bellezza sia per tutti, e che al divulgatore non spetti abbassarla, ma farla vedere